mercoledì, luglio 27, 2005

 

Utopie dell'Est

C'era una volta un sogno, e si chiamava comunismo. Negli anni Cinquanta i tedeschi dell'Est volevano costruire una nazione immune dalle disugualglianze e dallo sfruttamento imposti dal capitalismo selvaggio. Si doveva garantire a tutti una casa e un lavoro. A che serve il libero mercato se tutti non possono accedervi? Perché non bandire per sempre quella concorrenza che dissangua gli uomini alla ricerca del profitto? Tanto vale avere una sola marca di detersivo, una sola rete televisiva, una sola marca di cetrioli, una sola auto (la Trabi, che arrivava dopo otto anni dalla richiesta). Edificare insieme una comunità: sicura, solidale, unita.
C'era un sogno, e divenne un incubo. Giovani massacrati ai piedi del Muro di Berlino, le inchieste della tentacolare polizia segreta, la corruzione. La Prussia era diventata rossa, ma restava uno Stato caserma.

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(nella foto: manifesto coreano di Goodbye Lenin)

Ho visto questo film due anni fa a Lipsia (ex DDR), in tedesco (e magari ho capito fischi per fiaschi). Indimenticabili i bambini-sanguisuga che cantano "Unsere Heimat", l'inno nazionale. E gli occhi increduli di una donna che vede il suo Vladimir Ilic (Lenin) trascinato via da un elicottero.
Buona visione su Rai 3, ore 23,40.

"Es muss auf Herzen gehen, was auf Herzen wirken soll". (Goethe, Faust)
Deve venire dai cuori, ciò che sui cuori vuole agire.

Goodbye, Lenin!
Und keine Ostalgie...

martedì, luglio 26, 2005

 

Una bella sorpresa

Pag.26, economia: avevo collaborato ad un articolo, é stato pubblicato anche con la mia firma. Piccola soddisfazione mattutina.

Mirabilia. Due stagisti e due redattori parlano e sparlano del loro giornale. Sono in strada, disposti in cerchio. Riflettono e analizzano le scelte editoriali, la discussione si accende. D'incanto scatta una serratura, si apre un portone e si avvera il proverbio: se parli del diavolo...spunta il direttore! Sì, proprio lui, appena sceso da casa: come tutti i bravi italiani stava andando a prendere un caffé.

lunedì, luglio 25, 2005

 

Robert Mugabe, maoista d'Africa

Tutti sanno, ma nessuno muove un dito. Lui ha preso un volo per Pechino alla ricerca di aiuti. Robert Mugabe, presidente dello Zimbabwe, vuole restare a galla, e si é rivolto ad un vecchio amico di sempre: il partito comunista cinese. Negli anni settanta Mugabe riceveva sosprattutto armi, poi ha acquistato anche bus e aerei civili e militari. Tra dittature, si sa... fonte: BBCnews http://news.bbc.co.uk/2/hi/africa/4713961.stm)

"Operazione Murambatsvina" é il nome del terrore per gli abitanti delle periferie di Harare, capitale dello stato sudafricano dello Zimbabwe. Le ruspe hanno stanno demolendo la barccopli attorno alla città: 700mila gli sfollati nelle campagne. A capo delle operazioni, il presidente Robert Mugabe. Educato dai gesuiti, marxista, prigioniero politico, maoista, infine dittatore: insomma, il "cursus honorum" della elite che hanno gestito la decolonizzazione.

Neri d'Italia. C'é una fierezza che nasce dalla presunzione, una che nasce dalla dignità. La prima fu quella dei colonizzatiri che si fecero carico del "fardello dell'uomo bianco" (Kipling), la seconda l'ho vista negli occhi di due nordafricani: un manager anni fa in un pub di Londra, una donna due settimane fa a Brescia. Alta, trecce nere, un maglione blu e la dignità di una regina.

giovedì, luglio 21, 2005

 

Svolta economica

Tirano un sospiro di sollievo gli imprenditori assediati dalla comprtitività di Pechino. Dopo otto anni la moneta cinese (yuan renminbi) é stata rivalutata e ha perso anche l'ancoraggio al dollaro: sarà consentita una fluttuazione del 3% attorno ad un paniere di monete straniere, mentre da stasera un dollaro varrà 8,11 yuan.

Valute. Renminbi significa moneta del popolo: fu istituita da Mao nel 1949, quando nacque la Repubblica Popolare. Lo Yuan ( ovvero "moneta rotonda") é l'unità di base del sistema monetario cinese (fonte: wiki http://en.wikipedia.org/wiki/Renminbi).

mercoledì, luglio 20, 2005

 

Il ricordo di Barzini

Luigi Barzini (Orvieto 1874 - Milano 1947) é stato il capostipite dei giornalisti di guerra italiani in epoca moderna. Il suo primo reportage dall'estero fu sulla rivolta dei Boxer, scoppiata in Cina nel 1900. Ecco come un "vecchio" del giornalismo italiano risponde alla spinosa domanda:

"Ma tu, come sei diventato giornalista?"

Io ero diventato giornalista per caso e in modo strano e inaspettato. E' vero però che il caso, con la onnipotente benevolenza di un Genio delle Mille e una Notte, aveva realizzato un mio sogno. Fin dalla infanzia la professione di giornalista mi era apparsa la più invidiabile del mondo (per colpa di voraci letture di libri di viaggi e di avventure nei quali incontravo spesso eroici giornalisti che galoppavano attraverso venti o trenta pagine, schiantando un paio di cavalli o di cammelli, per raggiungere un remoto ufficio telegrafico e lanciare qualche inaudita notizia, o percorrevano sconfinate e inestricabili foreste vergini alla ricerca di un esploratore scomparso, per salutarlo con laconica cortesia quando lo trovavano: "Mr. Livingstone, I presume?".
Il tempo non aveva dissipato le mie fanciullesche aspirazioni, e dalla quiete del mio paese nativo -Orvieto, la più nobile Città del Silenzio- avevo tentato di segnalare la mia vocazione inviando ai giornali qualche saggio, con l'ansiosa speranza di chi, sperduto nella solitudine, lanci piccioni viaggiatori per chiedere aiuto. Ma i miei piccioni finivano tutti nel cestino.
Finalmente, persuaso come Maometto che per incontrarsi con la montagna è più pratico andare da lei piuttosto che aspettar che essa venga a trovarvi, adunai tutte le mie risorse liquide consistenti in circa un centinaio di lire, compresso il mio guardaroba in una vecchia valigia, partii per Roma.
Questo avveniva nel novembre del 1898.
Verso Natale il livello dei miei ideali era molto sceso. Avrei accettato qualsiasi modesta posizione che mi desse da vivere. Ma apparentemente Roma in quel momento non aveva bisogno di me. Non vi erano disponibili che posti da cameriere, da manovale, da lucidatore di mobili, tutte professioni per le quali mi mancava una adeguata preparazione. Ed ecco che una piovosa mattina dei primi di gennaio del 1899, sul Corso m'imbattei in Ettore Marroni ("Bergeret" per i lettori) col quale avevo vissuto in intima amicizia al tempo così detto degli studi, a Perugia, e che non vedevo più da quell'epoca.
Da studenti, tutti e due aspiravamo a diventare giornalisti (una volta, per una festa goliardica, stilammo insieme un numero unico intitolato Sgorbi e Sgarbi nel quale io, come caraturista, misi gli sgorbi e lui gli sgarbi). Ma Marroni trovò presto la sua strada. Quando lo incontrai a Roma, egli era da alcuni mesi capo-redattore del Fanfulla. Dopo l'effusione dei saluti mi chiese che cosa facessi.
"Niente", risposi, "passeggio".
"Sì, lo vedo. Ma quando non passeggi?".
"Dormo. Leggo".
"Hai soldi, allora?".
"Naturalmente! Ho quasi cinque lire".
"Senti", egli mi consigliò, "tu dovresti scrivere qualche articolo. lo non potrei fartelo passare al Fanfulla perché sono in urto col direttore e basterebbe la mia raccomandazione per rovinarti. Ma troverei il modo di far arrivare alla sua attenzione i tuoi articoli senza che egli sospetti che sono tuo amico".
Così avvenne che un mio articolo pupazzettato comparve due giorni dopo sulla prima pagina del Fanfulla. Avevo allora una mano abbastanza disinvolta nel disegno e nella caricatura: esordii come umorista.
L'articolo mi fruttò venticinque lire.
L'improvviso possesso di quella ricchezza suscitò in me ambiziose energie. Quarantotto ore dopo il Fanfulla stampava un mio secondo articolo costellato di pupazzetti. Questa volta con le venticinque lire ricevetti l'invito a presentarmi in casa del direttore del Fanfulla il mattino dopo.
Direttore e proprietario del Fanfulla era un certo Facelli, un ometto colto e cordiale, che aveva delle ambizioni politiche, un viso tondo, roseo e sorridente da biondo slavato, due tenui baffetti grigi e delle ciglia invisibili. Ricchissimo, abitava un palazzo suo, in Via Nazionale, e mi ricevette in un salone dall'aria cardinalizia, rosso e oro.
Si stupì della mia apparenza immatura. Sembravo un ragazzo, benchè non lo fossi più da un pezzo.
Ero proprio io l'autore di quei due articoli?
Volle sapere Facelli. Rassicurato mi chiese, come Marroni, che cosa facessi e, informato della mia perfetta disponibilità, mi fece di punto in bianco la proposta vertiginosa: "Vorrebbe entrare nella redazione del Fanfulla?
Il cuore mi balzò. Mi parve che si spalancasse davanti a me la porta maestra della fortuna. Risposi con il "si" commosso di uno sposo innamorato all'altare. Il mio entusiasmo non fu mitigato dal sapere che ero assunto in prova e che il mio stipendio sarebbe stato di cento lire al mese. Emerso dal salone rosso e oro mi sentivo milionario, e scendendo verso Piazza Venezia contemplavo i palazzi con l'occhio critico del compratore che sta facendo la scelta.
Così divenni giornalista.

(http://www.orvienet.it/barzini/barzini5.htm)

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(nella foto: la Maria più bella d'Italia)

Anticipazioni. Nella copia di domani del Magazine servizio sulle conduttrici tv italiane, argomento: vedo/non vedo la tetta...vedo vedo. Risposta altera del mio grande mito erotico, Maria Cuffaro.
Se foste a New York, in quale roofdeck bar andreste? Leggete i consigli del Magazine, domani in edicola: affrettatevi o sgomiterete per trovarlo!

martedì, luglio 19, 2005

 

Fbi-gate in salsa cinese

Durava da vent’anni la relazione tra due agenti dell’FBI: James Smith ha rinnegato pubblicamente la sua amante e dovrà pagare 10mila dollari per aver messo in pericolo la sicurezza nazionale americana. Una spy-story da manuale: Katrine Leung, agente del Federal Buro, svolgeva delle missioni segrete in Cina, ma faceva il doppio gioco per Pechino, passando notizie riservate. Come? Sottraendo informazioni al collega-amante delle avventurose operazioni.
Non sappiamo come sia stata scoperto il furto di informazioni della Leung. Il suo amante, Mr. Smith, è stato chiamato a testimoniare da un tribunale americano sulla natura della loro relazione: si è trattato soltanto di un extramarital affair, ha precisato l’agente Smith. Un “affare” che ha consentito alla sua ex-fiamma di rubare dati e notizie segreti (fonte: Washington Post http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/
2005/07/18/AR2005071801274.html).

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(nella foto: James Smith, agente Fbi. Fonte: Washington Post)

Ciagate. La fuga di notizie riservate sembra esssere all’ordine del giorno negli Usa. Karl Rove, consigliere del presidente Bush, potrebbe essere messo ufficialmente sotto accusa per aver rivelato il ruolo di un agente Cia sotto copertura, Valerie Plame, senza farne direttamente il nome. La giornalista del NYT Judith Miller, per essere venuta a conoscenza dell’identità della Plame, è attualmente detenuta in carcere, dove resterà almeno per quattro mesi se non dovesse rivelare il nome della sua fonte.

lunedì, luglio 18, 2005

 

La danza di Li

E’ rimasta poca birra in bottiglia e Yimou non vuole sprecare gli ultimi sorsi. Anche questo sabato è finito, una notte senza luna. Il lavoro che noia, Mei mei quanto lo aspetterà, il viaggio in città, che magari lì come operaio ti pagano di più. Meglio pensarci domani.
Per un attimo l’orizzonte è coperto da una macchia nera. E si muove; anzi salta. Yimou guarda la birra e cerca di ricordare quante ne ha bevute. Tre, forse quattro. Guarda di nuovo il vialetto di fronte al chiosco-bar e la macchia non c’è più. Almeno a pianterreno: ora si è adagiata sul tetto di un bungalow; enorme e quieta.
Una donna urla, Yimou accorre e si avvicina alla nuvola nera: ha la forma di un orso, sembra un panda. Lei fissa la donna e il giovane operaio, poi si alza su due zampe e salta sul tetto vicino, e poi su quello accanto. Un grossolano e sereno balletto sulle case di Dujiangyan, villaggio di contadini nella Cina interna.
Le porte dei bungalow si aprono e gli abitanti accorrono per assistere al prodigio; spettatori silenziosi e incantati. Il palcoscenico, si sa, può essere traditore: durante una piroetta, il panda inciampa e cade tra i rami di un salice, immobilizzato. “Finalmente – grida di gioia Li – ho realizzato il mio sogno. Ora sono pronta per l’opera di Pechino, chissà se il compagno presidente mi ha visto!”. Sorride ai pompieri che la liberano dal salice e la portano in trionfo nel villaggio.

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(foto: Xinhua)


16 Luglio: una femmina di panda è entrata in una città della Cina meridionale e, saltando da un tetto all’altro, si è impigliata in un albero (!!). E’ stata soccorsa dal Centro di protezione dei panda giganti (fonte: Xinhua http://news.xinhuanet.com/english/2005-07/18/content_3231981.htm).

mercoledì, luglio 13, 2005

 

Dao

Un piede e una testa: sono le parti costitutive dell'ideogramma qui sotto, che in cinese si pronuncia "tao" (ma si scrive "dao"). Cammino e pensiero, necessari per andare avanti lungo quella strada che chiamiamo vita. La strada, la Via: quella che costruiamo ogni giorno con desideri, gesti, pensieri e ricordi. E' individuale e collettiva, era già iniziata prima di noi e continuerà dopo di noi.

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(nell'immagine: l'ideogramma "Dao". Il piede è costituito dalla linea discendente di sinistra che poi vira bruscamente a destra, la testa è il rettangolo centrale con il tettuccio sopra)

Un saluto affettuoso a Cecilia Gatto Trocchi, antropologa, che ieri ha deciso di abbandonare il suo corpo terreno.

All'ideogramma del Dao potrebbe considerarsi legato un simbolo molto più famoso, quello qui sotto:

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(nell'immagine: il simbolo dell'armonia tra yin e yang. I gruppi di tre linee accanto al cerchio sono dei trigrammi e sono alla base dell' I-Ching. Ma questa, forse, è un'altra storia)

Il simbolo rappresenta l'interazione tra yin e yang, principio attivo (maschile) e principio passivo (femminile). La loro armonia su diversi livelli (ovvero: l'uomo, e da qui nasce la medicina tradizionale cinese; il pianeta, e da qui partono teorie vagamente new age; il cosmo, e sono davvero interessanti le idee cinesi sulla nascita dell'universo) traccia la Via.

martedì, luglio 12, 2005

 

La miss "politically uncorrect"

L'ambasciata protesta e la modella deve ritirarsi dalla gara. Tashi Yangchen, 24 anni, stava partecipando ad un concorso di bellezza internazionale in Malesya con la fascia di "Miss Tibet". Le autorità cinesi hanno protestato: Tashi avrebbe dovuto presentarsi come "Miss Tibet-China". La patria del Dalai Lama è una provincia autonoma della Cina, che è preoccupata della forte identità religiosa e culturale della regione. Lei si è ritirata dalla competizione, non si sa se per scelta personale o per le pressioni politiche (fonte: Telegraph, http://www.telegraph.co.uk/news/main.jhtml?xml=/
news/2005/07/12/wbeaut12.xml&sSheet=/news/2005/07/12/ixworld.html).

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(nella foto: miss Tibet 2005)

Il Tibet fu invaso nel 1950 dall'Armata rossa di Mao: da allora ha perso la sua indipendenza. Il capo spirituale della regione hymalaiana, il Dalai Lama, vive in esilio a Dharmsala, in India. In Occidente il Tibet è noto come luogo d'origine del buddhismo teravada, una delle più importanti tradizioni religiose nate dall'insegnameto di Siddharta Gautama, il Buddha storico nato nel 558 a.C. (fonte: wiki http://it.wikipedia.org/wiki/Tibet). Il maceratese Giuseppe Tucci è stato uno dei più importanti tibetologi del secolo scorso: il suo allievo più famoso è Fosco Maraini, padre di Dacia.

Memoriali. Tra pochi mesi aprirà un cimitero per "martiri del giornalismo" nella provincia settentrinale dello Shanxi: il governo cinese vuole ricordare i 50 reporter morti per un attacco giapponese nel 1942, durante la seconda guerra mondiale. E' stato il più alto numero di giornalisti morto in una campagna militare (fonte: CRI). La patria di Mao è anche il paese con il più alto numero di reporter in carcere.

mercoledì, luglio 06, 2005

 

A rischio la strada di Marco Polo

La via della seta, l'antica strada tra oriente e occidente ha urgente bisogno di opere di restauro: saranno stanziati 9,6 milioni di dollari l'anno, assicura un funzionario della regione cinese che una volta era attraversata da mercanti, predicatori, guerrieri, diplomatici e viaggiatori: il Xinjiang (o Sinkiang, nella vecchia trascrizione), a nord-ovest della Repubblica popolare fondata da Mao.

Marco Polo è stato il mercante italiano più famoso ad aver percorso la strada carovaniera che collegava La Cina con Ta Qin, l'impero romano: i primi contatti tra due mondi così distanti sono stati gemme, spezie, tessuti. Non armi da fuoco o droga, che oggi infestano tutta l'Asia centrale.
Sono due le caratteristiche del Xinjiang, che unite diventano esplosive: è una regione ricca di petrolio, è una regione musulmana. Il governo di Pechino ha bisogno del greggio per alimentare la vorace crescita economica, ma è anche inflessibile con l'etnia degli Iuguri, musulmani che sono la maggioranza della popolazione nel Xinjiang.

Lascio la parola a Ettore Mo, inviato del Corriere della Sera, che scriveva nel 1996 di Kashgar, un'antica capitale dell'attuale Xinjiang (o Sinkiang):
"Molto e' stato scritto su questa mitica citta' - mercato dell' Asia, capoluogo del Sinkiang sud - occidentale, che settecento anni fa vide giungere, stremato dalla traversata del Pamir, il ventenne Marco Polo: ancor oggi, appena vi metti piede, non puoi sfuggire alla sensazione di trovarti nel piu' esotico, tumultuoso e frenetico crocevia del mondo. E ne resti stregato. Qui s' incrociavano le carovane che dall' Estremo Oriente si dirigevano verso l' Ovest e quelle che procedevano in senso contrario, dalle sponde del Mediterraneo verso il mare della Cina: un passaggio obbligato lungo quella pista tortuosa e infinita che sarebbe stata genialmente battezzata, il secolo scorso, la Via della Seta. Ma la seta (che vi transitava gia' dal tempo dei Romani) era soltanto uno dei prodotti delle merci di scambio che Oriente e Occidente si palleggiavano a Kashgar nella prima fase dei grandi commerci internazionali: da una mano all' altra dei mercanti passavano agilmente oro, avorio, pietre preziose, tessuti di lana e di lino, pellicce, ceramiche, giade, cianfrusaglie d' ogni genere e perfino armi. Ed e' presumibile che nel caotico spettacolo della compravendita in cento lingue, gialli, bianchi, ambrati e neri tirassero spasmodicamente sul prezzo. Qui il tempo s' e' fermato. Vi fossi capitato un secolo fa, quando audaci esploratori come Sven Hedin si apprestavano ad affrontare il deserto di Taklamakan alla ricerca di una civilta' sepolta nella sabbia, avrei trovato lo stesso termitaio di formiche umane, uyguri, cinesi, uzbeki, kazaki, kirghisi, tibetani, mongoli, stipati dietro le bancarelle o nelle bottegucce del piu' festoso e velenoso artigianato, alle prese con l' oro, il cuoio, le pelli, il ferro, il legno, nell' aroma della segatura, dei trucioli, del the, del pane appena rovente del forno, della carne di montone e d' agnello infilzata nello spiedo."

martedì, luglio 05, 2005

 

Capitalismo familiare: alla cinese

Il dragone diventa sempre più panciuto, ma non tutti gli investitori sono soddisfatti: secondo l'indiano Financial Express (http://www.financialexpress.com/latest_full_story.php?content_id=95667), il capitalismo cinese resta un sistema di accumulazione dove il 90% degli "affari privati" (private businesses) è nelle mani di famiglie. Aumenta la ricchezza globale, ma pochi ne ricevono i benefici.

PS: per un pò avrò difficoltà a linkare, sto scrivendo da un macintosh e - vi assicuro - non va molto d'accordo con l'explorer e le funzioni dei siti sul web. Speriamo che i recenti e salatissimi accordi extragiudiziali della Microsoft (per violazione delle regole antitrust) spingano Bill Gates sulla buona strada.

venerdì, luglio 01, 2005

 

Tsang il mistico

"Il legame della carne e del sangue, l'interdipendenza tra Hong Kong e la madrepatria non sono mai stati così reali": questa la dichiarazione di Donald Tsang, neogovernatore di Hong Kong, durante le celebrazioni per il ritorno alla Cina dell'ex colonia britannica. Non sono mancate le contestazioni al leader approvato da Pechino.
Molti cittadini di Hong Kong hanno paura di perdere progressivamente libertà e democrazia, due parole vietate nella Cina comunista. Le strade della città sono state affollate da 30mila persone per ricordare l'anniversario: l'ex colonia inglese è tornata alla Cina nel 1997 (fonte: Adnkronos).

Hong Kong
(foto: Raphaelk)

Xianggang è il nome cinese di Hong Kong e significa "porto profumato". Dopo la "prima guerra dell'oppio" (ovvero: Compagnia delle indie orientali (Gb) vs. dinastia mancese Qing. Vinsero gli inglesi, iniziò la schiavitù della patria di Confucio) fu ceduta dall'Impero cinese alla Gran Bretagna per 99 anni, dal 1898.
Indipendente dal '97, con la formula di Deng Xiaoping: "Un paese, due sistemi" (quello autoritario e quello democratico) (fonte: la straodinaria Wiki).

Compleanni. Oggi spegne ottantaquattro candeline il Partito comunista cinese, fondato nel 1921 a Shanghai.

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