lunedì, gennaio 29, 2007

 

Denti

Tra poco parto per un viaggio, tra sette giorni ho l'esame: e si è frantumato un molare, all'improvviso, come un ghiacciaio che si scioglie. Urgenza, urgenza, vado dal dentista. E quel folle che quadro ha appeso ai muri della saletta? Un primo piano di Hellreiser, il film horror con i ganci di metallo che perforano le guance e le tirano verso l'esterno!
Tempora metallica.

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venerdì, gennaio 26, 2007

 

Lavorare stanca

Oggi in edicola un articolo di cui sono orgoglioso, "Social jet lag: vite senza orario", sugli effetti del lavoro a turni sulla salute, dall'insonnia alle malattie cardiache. Crollate (per fortuna) le ideologie, il corpo resta l'ultima barriera "biologica" al Potere, limiti invalicabili per natura. E magari per scelte condivise.

"I giornali stanno morendo, ma il giornalismo cresce"
Jeff Jarvis

:)

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lunedì, gennaio 22, 2007

 
Metropolitana rossa, fermata Lima, a pochi passi dai binari, due ore fa.

Marco ha le convulsioni. Arrivano due volontari della croce viola. Lui è steso a terra, addormentato. "Ma il tavor ce l'avete?" urla la moglie. No no, non abbiamo niente, non siamo infermieri. Mah

Marco si sta risvegliando: lo tengono fermi in tre, li aiuto pure io. Scalcia da terra come un toro: è grosso e bofonchia: "Fatemi il tavor, domani devo andare a lavorare, fatemi il cazzo di tavor". Lo teniamo a stento, si agita, ci allontaniamo. A trenta centimetri dal binario della metropolitana. Fermate il treno che arriva, fermatelo cazzo. Più stanno inguaiati e più fanno male.

Tenetelo, tenetelo, urla la moglie. Io non mi posso muovere, sono incinta: Marco, pensa al bambino, mi senti, pensa al bambino. Cretina, cretina.

Ma da quando suo marito sta così. Mah, saranno due anni, dall'ospedale lo rimandano a casa con un'iniezione di tavor (ma che sò, caramelle???). Due-tre volte a settimana gli viene la crisi. ????????. L'ultima volta è venuta la polizia per portarlo via. Chiamo il 118, ci dice una signora premurosa. A signò, ma vaffanculo, non vedè Derrick la sera.

Intanto siamo sopra di lui. Un infermiere alla collega: vai a prendere la barella su, che ci sono le cinghie. Marco salta per aria, ci scrolla via. "Le cinghie no, le cinghie no". Si appoggia a una ringhiera. E' in piedi. Domani torno a lavorare, a lavorare, bofonchia.

Me ne vado, non ne posso più, prendo a pugni un muro. E' la terza persona che vedo svenire a Milano in due mesi, la prima che mi decido a "soccorrere". Voltiamoci indietro, però, ogni tanto. Serve.

domenica, gennaio 14, 2007

 

iphone e transmedia storytelling

Una nuova chiave di lettura del giornalismo partecipato

Partiamo da qui:

"E tutto è lì, a un clic dal tuo mouse, e sotto la lente d'ingrandimento di Henry Jenkins, il professore del MIT che lo scorso anno ha pubblicato Convergence Culture (New York University Press, 2006), il libro più affascinante che mi sia capitato di leggere sui processi culturali del nostro tempo.
Jenkins esplora con metodo una nuova frontiera dove il potere dei media e quello dei consumatori interagiscono in maniera sorprendente e la creatività popolare influenza e modifica quella delle grandi corporation. In questo territorio ibrido i due elementi indicati da Johnson - massimizzare il piacere della reiterazione, stimolare la partecipazione attiva - si fondono in un unico programma: la creazione di mondi, un espediente narrativo noto fin dai tempi di Omero e dell'epica greca. Storie che non ci si stancava mai di riascoltare e che invogliavano a immaginare altre storie, deviazioni, avventure eroiche di personaggi secondari. Storie che plasmavano un'intera comunità, e non soltanto per i valori che trasmettevano e garantivano.
Entrare in un mondo nuovo, capirne le regole, reagire, andare più in profondità, confrontarsi con altri esploratori: è questa l'essenza di molti videogiochi (e il motivo per cui non sono attività di ottenebramento cerebrale, ma anzi palestre di problem solving, fantasia e intelligenza emotiva). E' anche l'essenza di grandi successi di cassetta come Il Signore degli Anelli, Harry Potter, Guerre Stellari e di molte serie televisive, da Star Trek ai Simpsons.
La differenza con i poemi omerici, fa notare Jenkins, sta nelle capacità transmediali degli odierni narratori e architetti di universi. L'epopea di Matrix, per fare un esempio, è spalmata su diversi supporti: ci sono tre film, diversi videogiochi, una serie a fumetti e cartoni animati, senza contare le innumerevoli produzioni dei fan, impossibili da catalogare, ma che senza dubbio riempiono gli ambiti lasciati vuoti dai fratelli Wachowski: teatro, letteratura, abbigliamento e quant'altro.
Caratteristica fondamentale di questo nuovo modo di raccontare (che Jenkins chiama transmedia storytelling) è che le diverse storie risultino intrecciate, non sovrapponibili e indipendenti tra loro. L'adattamento di un romanzo ad uso del cinema non rientra nella casistica. Non si tratta di riproporre lo stesso intreccio con linguaggi diversi ma di usare linguaggi diversi per comporre frammenti autonomi di un unico intreccio. Per farla breve, chi acquista il fumetto non deve aver bisogno del film per portare a termine la lettura; tuttavia, nel caso veda il film, gli saranno più chiari tutta una serie di rimandi altrimenti incomprensibili e questo arricchirà la sua conoscenza di quel determinato mondo.
Ora ecco il punto: un narratore, un regista, uno scrittore può reagire in due modi diversi al quadro tracciato fin qui. Può considerarlo marketing, cassetta degli attrezzi per fidelizzare il cliente e costruire macchine da incasso, e scegliere o meno di tenerne conto, a seconda di quanto ritenga importante il successo e il denaro rispetto alla sua produzione.
Dall'altra parte, può pensare che la complessità dell'intreccio, l'abbondanza di personaggi e relazioni sociali, il coinvolgimento del pubblico, la costruzione di un mondo e il trasmedia storytelling siano una parte importante di quel che intendiamo per "raccontare storie" nel Ventunesimo secolo. Su questa base, ancora una volta, potrà decidere di intraprendere quel percorso o di restare un narratore, un regista, uno scrittore classico, stile Novecento.
Fatto salvo il rispetto per tutte le opzioni, sono convinto che oggi, in Italia, ci sia bisogno di una generazione di narratori pronta a sperimentare questi strumenti come utensili per plasmare storie, e non solo per venderle.
Com'è successo dieci anni fa con gli scrittori di genere, che in qualche modo hanno raccolto e vinto la sfida della complessità, immagino che le patrie lettere possano vivere un nuovo scarto, una nuova stagione, se molti autori si impegneranno a scrivere storie che anche altri possano abitare: professionisti, fan, fumettari, cineasti, grafici e teatranti. Scrittori capaci non solo di battere le dita su una tastiera, ma di coinvolgere altri in una narrazione aperta, espansa, che stimoli le sinapsi e le comunità di lettori.
Ma di questo, come ci insegna Desperate Housewives, parleremo meglio alla prossima puntata".

(Wu ming 2)

L'iphone è un ipod con lo schermo più grande e un'antenna gsm: serve anche per telefonare. Ha un difetto in particolare: funziona soltanto con software Apple. E'
un sistema chiuso, alla faccia di open source e Web 2.0...

L'iphone è un approccio vecchio (non per questo inadatto): non consente le modifiche, la persnalizzazione, ma magari facilita la costruzione di una community (è wi-fi, ha gli strumenti per il browsing). Non è partecipato, insomma: un po' come il tanto osannato motore di ricerca Google, che non è davvero personalizzabile. Scatole chiuse.

L'idea di narrazione transmediale è un passo in avanti: si tratta di accontare storie in cui altri possono inserirsi e creare rimandi o altri percorsi. Link di link. Per il giornalismo potrebbe significare: il tuo pezzo non finisce quando ci metti sotto la firma, perchè altri aggiungono nuovo materiale e integrano e complicano la storia (con un video, una canzone, slides o altro). Insomma, un pEzzo senza fine.

Che c'entrano l'iphone e la narrazione transmediale (o come direbbe qualcun altro "crossmediale")? Ai lettori la risposta.

martedì, gennaio 09, 2007

 

Oggi ho perso qualcosa

Io son partito poi così d'improvviso
che non ho avuto il tempo di salutare
istante breve ma ancora più breve
se c'è una luce che trafigge il tuo cuore
L'arcobaleno è il mio messaggio d'amore
può darsi un giorno ti riesca a toccare
con i colori si può cancellare
il più avvilente e desolante squallore

Son diventato sai il tramonto di sera
e parlo come le foglie d'aprile
e vivrò dentro ad ogni voce sincera
e con gli uccelli vivo il canto sottile
e il mio discorso più bello e più denso
esprime con il silenzio il suo senso

Io quante cose non avevo capito
che sono chiare come stelle cadenti
e devo dirti che è un piacere infinito
portare queste mie valige pesanti

Mi manchi tanto amico caro davvero
e tante cose son rimaste da dire
ascolta sempre e solo musica vera
e cerca sempre se puoi di capire

Son diventato sai il tramonto di sera
e parlo come le foglie d'aprile
e vivrò dentro ad ogni voce sincera
e con gli uccelli vivo il canto sottile
e il mio discorso più bello e più denso
esprime con il silenzio il suo senso

Mi manchi tanto amico caro davvero
e tante cose son rimaste da dire
ascolta sempre e solo musica vera
e cerca sempre se puoi di capire
ascolta sempre e solo musica vera
e cerca sempre se puoi di capire.

(Celentano, l'Arcobaleno)

giovedì, gennaio 04, 2007

 

Totem del lupo

I xiongnu erano simili ai lupi e il lupo era il loro totem.

E' noto che i turchi e i mongoli riconducono le proprie origini a un comune antenato mitico. Nella storia segreta dei mongoli si sostiene infatti che i popoli della prateria discendono da un lupo colore della cenere, e lo stesso si legge a proposito dei turchi nelle memorie storiche degli Oguz : "Un grosso lupo dal mantello completamente grigio uscì da un accecante fascio di luce".

(da "Il totem del lupo")

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