martedì, dicembre 20, 2005

 

Ricchi ma poveri

Quasi tutti vorrebbero svegliarsi e scoprire di avere trecento miliardi di dollari in più: è successo ai dirigenti del più grande paese comunista del mondo, proprio durante la visita di Fausto Bertinotti. Da un giorno all'altro, il Pil cinese dovrebbe aumentare del 16,8%: nella classifica mondiale, il dragone scavalca l'Italia (come già previsto. nb: anche il nostro Pil aumentò del 17% nell'ormai lontano 1987, ma dopo una revisione contabile, aridaje con la finanza creativa), la Francia e La Gran Bretagna (Reuters). Poche le riflessioni sulla distribuzione della ricchezza, che abita in città e puzza di sfruttamento.

Un salto indietro: il Celeste impero è il più antico stato agrario-burocratico del mondo ancora in vita. Per fare la guerra servono soldi, dunque tasse, che si riscuotevano sulla terra: chi controlla la terra controlla il popolo. E' stato uno dei pilastri del dominio politico in Cina, da Wudi (secondo imperatore, 200 p.e.v. circa) fino a oggi. Ricchezza non significa libertà, anzi.

peasant

Questioni aperte: i lavoratori dipendenti non sono comunque più ricchi di prima (anche se il reddito pro capite aumenterà per magia), il peso relativo della Cina in Asia (leggi: Giappone (informatica), Corea del Sud (biologia), Malesia, Indonesia, Filippine, Australia) è sempre più consistente (e l'Europa dov'è?), i materassi cinesi devono essere più grossi di quanto pensavamo.

ps: solo una settimana fa abbiamo scoperto che la patria di Mao è il primo esportatore mondiale di tecnologia. C'è un'implicazione geopolitica interessante: chip, circuiti, conduttori si producono quasi esclusivamente in Asia orientale. Nessuno, neanche gli Usa, può permettersi una crisi economica o una guerra in quell'area.

pssss: p.e.v.= precedente era volgare

Comments:
è proprio il pezzo che volevo, quello che non ho letto sui giornali di oggi.

gum
 
Onorato!
:-))
 
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